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I Tumori Mammari: La Sterilizzazione Li Previene


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Dal sito www.lastampa.it/lazampa

Uno dei tumori che più frequentemente si riscontra nei nostri animali è il tumore della mammella. Si tratta di una neoplasia di cui esistono numerosi “sottotipi”, benigni e maligni e tra questi l’aggressività può variare notevolmente. Nel gatto, a differenza del cane, almeno l’85% dei tumori della mammella è maligno e la correlazione con lo stato riproduttivo dell’animale è meno chiaro. In questa specie, però, il tumore ha caratteristiche e comportamento biologico più simile a quello della donna, per cui rappresenta un modello migliore per lo studio comparato.

Ma come facciamo a sapere se il nostro animale ha un tumore mammario?

La prima diagnosi è molto semplice e chiunque può eseguirla, è sufficiente palpare periodicamente le mammelle della cagnetta o della gattina. Il tumore si presenta come nodulo o “palline” di dimensione variabile da pochi millimetri a masse anche molto voluminose, che però di rado crescono rapidamente, pertanto un proprietario attento è in grado di scoprire la malattia in fasi precoci. Una volta accertata la presenza della masserella, sarà il veterinario a confermare e completare la diagnosi. La prima cosa che il proprietario si sentirà domandare è se l’animale è sterilizzato, a che età è stata eseguita la sterilizzazione e, in caso contrario, quando è avvenuto l’ultimo calore e se il cane soffre della cosiddetta “falsa gravidanza”. Tutte queste informazioni sono molto utili nell’orientare il clinico verso il tipo di tumore; si sa, infatti, che le cagnette non sterilizzate e che soffrono di continue false gravidanze sono più soggette a sviluppare tumori benigni, che crescono molto a distanza di 1-2 mesi dal calore (momento in cui dovrebbe avvenire il parto) per poi rimanere stabili o addirittura regredire nell’intervallo tra i due calori. Le forme maligne, invece, sono molto meno soggette all’influenza degli ormoni sessuali (estrogeno e progesterone) e si formano e crescono indipendentemente dal calore, quindi anche in soggetti sterilizzati.

Il resto del percorso diagnostico prevede l’esecuzione dell’esame radiografico del torace, perché si tratta di tumori (come accade spesso) che possono dare metastasi, cioè diffondersi, al polmone e (più raramente) al fegato e agli organi addominali, per cui l’altro esame necessario è l’ecografia dell’addome. Come accade per la maggior parte dei tumori, invece, gli esami del sangue non danno alcuna informazione riguardo alla gravità o alla diffusione della malattia, ma vanno comunque eseguiti in previsione dell’anestesia per l’intervento chirurgico.

Esistono metodi di prevenzione?

Questo è uno dei pochi tumori per i quali fortunatamente è nota la possibilità di prevenzione, almeno nel cane. Proprio la dipendenza delle cellule tumorali dallo stimolo ormonale fa sì che la sterilizzazione precoce, cioè prima del primo calore o comunque entro il secondo, riduca di molto la probabilità che l’animale sviluppi tumori mammari, sia benigni (che abbiamo detto essere legati alla stimolazione degli ormoni sessuali) sia maligni. Sebbene questo secondo fatto possa apparire strano, si sa che la sterilizzazione precoce ha lo scopo di evitare proprio la formazione dei recettori per gli ormoni, cioè di porzioni delle cellule mammarie sensibili all’azione di tali sostanze. I recettori sono presenti anche sulle cellule maligne (per questo serve la sterilizzazione), ma proprio la malignità li rende poi indipendenti dall’azione del loro ligando (cioè dell’ormone). Se l’animale viene sterilizzato in età avanzata, invece, i recettori si sono già formati, per cui viene meno l’effetto protettivo, quindi l’intervento diventa del tutto inefficace contro i tumori maligni, mentre continua ad avere effetto nei confronti di quelli legati al calore (perché elimina il problema delle false gravidanze). In definitiva il veterinario, con le sue domande saprà ad esempio che se la cagnetta è stata sterilizzata a 1 anno di età e ha sviluppato un tumore della mammella in età avanzata, molto probabilmente questo è maligno e richiede l’asportazione chirurgica entro breve tempo, mentre se la cagnetta è intera e soffre di false gravidanze è possibile che si tratti di una forma benigna, per la quale può essere sufficiente un controllo periodico e l’asportazione solo se la massa continua a crescere. Ovviamente la decisione non si basa solo su questo, ci sono altri parametri, quali le dimensioni, la forma, il fatto che il tumore sia spostabile dal resto dei tessuti o sia attaccato alla parete dell’addome a far decidere sul tipo di comportamento da adottare.

La sterilizzazione precoce è molto più diffusamente praticata in altri Paesi Europei e negli Stati Uniti, per questo il tumore mammario è poco conosciuto in queste aree e la letteratura mondiale sull’argomento è scarsa.

Nella gatta il discorso ormonale non è così chiaro come nel cane, sebbene anche in questa specie la sterilizzazione precoce possa avere un effetto protettivo nei confronti delle forme maligne.

Le gravidanze favoriscono o proteggono dallo sviluppo dei tumori mammari?

Le gravidanze talvolta aiutano a regolarizzare il ciclo sessuale della femmina, pertanto possono evitare la nuova comparsa di false gravidanze, quindi lo sviluppo di tumori benigni della mammella, mentre non sembra abbiano alcun effetto protettivo nei confronti delle lesioni maligne, a differenza di quanto accade nella donna, per la quale è accertato un effetto positivo della gravidanza in giovane età.

Un fattore che invece sicuramente predispone allo sviluppo dei tumori mammari, sia nel cane sia nel gatto, è l’impiego di farmaci che inibiscono il calore.

Quali possibilità di cura?

La terapia dei tumori mammari prevede sempre l’asportazione chirurgica della/e mammella/e colpita/e. In generale nel cane è consigliata la rimozione della ghiandola dove è presente il nodulo assieme a quella prima e quella dopo, o almeno una delle due, a seconda di quale è interessata. Se i noduli sono numerosi e sparsi su più mammelle, si asportano tutte e 5 le ghiandole di un lato. Generalmente non si esegue la mastectomia totale, cioè l’asportazione di tutte e due le file mammarie in un’unica seduta operatoria, perché l’intervento è poco tollerato dall’animale. Nel caso questo sia comunque necessario si preferisce eseguire due chirurgie distanziate di circa un mese. Il linfonodo inguinale (deputato a “captare” eventuali metastasi dalle ultime 2-3 mammelle) viene di solito asportato assieme alle mammelle stesse, mentre quello ascellare (che controlla le prime 2-3 ghiandole) è asportato solo se appare aumentato di dimensioni. Per conoscere la diagnosi definitiva viene sempre eseguito l’esame istologico su tutto il materiale asportato, che fornisce informazioni sul tipo di tumore rimosso, se è stato escisso completamente e se il linfonodo eventualmente tolto era già coinvolto dal tumore. È importante che tutto quanto rimosso sia esaminato, poiché ciascuna mammella può sviluppare un tipo diverso di tumore, per cui lo stesso animale potrebbe avere allo stesso momento una forma benigna e una maligna.

Vista l’elevata probabilità di sviluppare forme maligne e la maggior aggressività di queste nel gatto, invece, la mastectomia totale almeno monolaterale, cioè l’asportazione di tutta una fila mammaria è sempre necessaria. Se la chirurgia è stata completa, cioè se il tumore è stato asportato completamente, non è necessario eseguire altre terapie e, se la lesione era maligna, si ripetono le radiografie del torace ogni 4 mesi per il primo anno e ogni 6 per il secondo, poiché questo è solitamente il tempo entro il quale può avvenire la disseminazione del tumore. Se quest’ultimo non risulta completamente asportato, il linfonodo contiene già cellule tumorali (metastasi) o è estremamente maligno, la chemioterapia può essere indicata, sebbene a questo riguardo le opinioni siano contrastanti.

La prognosi per le forme maligne del cane, è buona nel 50% dei casi, mentre nel gatto è riservata e le metastasi al polmone e/o la recidiva locale del tumore possono verificarsi in un elevato numero di casi entro i 2 anni, soprattutto se il tumore ha dimensioni superiori ai 2 cm di diametro, mentre se la massa è piccola la probabilità di sopravvivenza oltre i 3 anni aumenta.

Un discorso a parte va fatto per il cosiddetto carcinoma infiammatorio, che colpisce una piccola percentuale di cani. Si tratta di una forma estremamente maligna, per la quale non esiste al momento alcuna terapia. È più frequente a carico delle ultime due mammelle e si presenta come un rossore diffuso che può inizialmente essere scambiato per mastite. Entro pochi giorni, però, si estende alla regione inguinale e può provocare edema degli arti posteriori, che appaiono gonfi e talvolta dolenti. La diagnosi è quasi sempre clinica, poiché l’occhio esperto del veterinario assieme alla storia clinica dell’animale sono spesso sufficienti ad emettere la diagnosi. La prognosi è sempre infausta.

…E i maschi?

Sebbene molto raramente, anche i maschi possono sviluppare tumori alle mammelle. L’incidenza in questo sesso è molto bassa, ma la maggior parte dei tumori è maligna. Si tratta comunque di eventi molto rari. L’asportazione chirurgica anche in questo caso è la terapia consigliata.

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La Dott. Marina Martano è Dottore di Ricerca in Oncologia Veterinaria ed è titolare di un borsa post-dottorato presso il Dipartimento di Patologia Animale dell’Università degli Studi di Torino.

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