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  1. Se volete possiamo anche paragonare la tauromachia moderna al bombardamento di Hiroshima o alle camere a gas e la chiudiamo lì, ma questo dibattito non ne gioverebbe molto. Nessun paragone e nessuna filiazione con il circo dei gladiatori. Paragonare il pubblico di una corrida a quello del Colosseo di secoli fa, assetato di sangue, divertendosi della sofferenza imposta all'animale è sbagliato, ingiusto, offensivo e soprattutto non dà nessun contributo a questo confronto. Il pubblico delle corride, che possa piacere o no e che possa sembrare paradossale, è un pubblico sensibile, colto, pacifico, laico, giusto, che ama il toro e che va a vedere un toro combattere, si emoziona per il toro (ho visto persone commuoversi per la bravura di un toro), è impietoso quando la dignità dell'animale non viene rispettata. Poi, se pur non conoscendolo e non avendone mai ftto parte ne vogliamo fare una caricatura, vogliamo dipingerlo come un manipolo di sadici disturbati che godono nel vedere sangue e sofferenze, allora è tutta un'altra storia, ma non è di nessuna utilità per comprendere la cultura della tauromachia, il rispetto per l'animale che essa conserva e promuove, e soprattutto è una mistificazione alla quale non posso e non voglio ribattere, per una questione di onestà intellettuale. Un saluto
  2. Ela, forse mi sopravvaluti. Non sono un esegeta della corrida, non mi picco di essere il depositario della cultura taurina e non sta a me diffondere il sacro verbo nel mondo. Mi hai fatto una domanda, ho replicato che una risposta esauriente (mi) avrebbe richiesto molto tempo per lo studio e soprattutto per l'esposizione, e per non disilludere la tua curiostà e il tuo desiderio di sapere ho postato qua due link da Wikjipedia, che mi sembra la fonte meno imputabile di parzialità e soprattutto di facile accesso e comprensione per tutti. Il tuo riassunto però è parziale e sopratutto pregiudiziale ed ideologico, e non aiuta granché la comprensione ed il dibattito. Proprio per non incappare in queso errore io ho voluto mettere a disposizione delle fonti Ma non mi scandalizzo, sia chiaro, ma un pò me ne dispiaccio.
  3. La salvezza del toro bravo non è lo scopo della corrida, ne è la conseguenza. Non ne è la giustificazione necessaria, ripeto. Perché celebrare la morte in questo modo? Perché questo è il fine della corrida, celebrare la vittoria della ragione sulla forza selvaggia, e la morte dell'animale è un male necessario, e lo si fa con svolazzi ecc. perché l'uomo ha deciso di trasformare questo evento tragico e luttuoso in produzione d'arte. Il pubblico, o estimatori come preferisci definirli, non si rende all'arena per assistere alla morte fine a sé, per assistere alla violenza fine a sé. Si tratterebbe in quel caso di un manipolo di pazzi sanguinari, di sadici da manicomio. Tutt'altro, e il pubblico della corrida è fatto di gente sensibile, rispettosa, laica, pacifica. Che va alla plaza de toros per ammirare il bello, per vivere l'emozione dell'istante, per apprezzare il coraggio del torero e il valore del toro. Sì, del toro. Che è l'attore protagonista di questa rappresentazione vera e non mendace, in cui il rispetto per l'animale è sacro.
  4. La bellezza della corrida risiede nel fatto che i tori non sono ammaestrati. Altrimenti potremmo fare corride con gli orsi, le oche, le scimmie. La condizione fondamentale della corrida è la bravura, caratteristica prima del toro bravo. Che non è stata creata dall'uomo. Sopprimere la corrida equivarrebbe alla fine della razza del toro bravo, che rimarrebbe in pochi esemplari esposti in qualche campo per il diletto di quegli estimatori di cui parla Bardo. Non tutti i vitelli diventano tori da corrida, vero: solo quelli che il ganadero ritiene abbiano un quid di bravura e casta (sprattutto) superiore e sufficiente ad essere presentati in un'arena. Non credo sia qua il caso di discettare sul concetto di coraggio, come Bardo propone: non è vero che in un'arena siano assenti quelle precondizioni (peraltro non le sole, e qui Bardo si sbaglia) reagendo alle quali si dimostri coraggio. L'imprevedibile, il rischio, l'inatteso sono elementi immancabili e non ovviabili di ogni corrida in ogni istante. Su questo non ci possono essere interpretazioni: è così. E' vero che il torero sa cosa lo aspetta (una serie di momenti codificati, il dover affrontare un animale ecc.) ma non sa come questo cosa sarà. Ogni toro è un essere a sé e irripetibilie, con reazioni differenti da qualsiasi altro, con un carattere unico, con un comportamento unico. Ogni toro è a suo modo, e in relazioni alle condizioni (che mutano ad ogni istante) che si trova ad affrontare, pericoloso e letale. Pur se diminuito dalle picche e dalle banderillas. Anzi, è proprio nell'ultimo atto della corrida, quando il toro ha già passato la prova della pica e delle banderillas e si trova di fronte al torero da solo, che il toro è più pericoloso, perchè sente il pericolo sempre più prossimo, è indebolito e quindi si difende, risparmia le energie e con il corno si fa molto più preciso. Se al suo ingresso nell'arena il toro cerca di attaccare e combattere indistintamente ogni cosa che vede nel suo terreno, nell'ultimo atto il toro indirizza ogni suo attacco, e i suoi colpi di corna, verso l'uomo, che se non ne facesse deviare la carica con l'aiuto del panno sarebbe il suo bersaglio. La morte del toro non è spettacolarizzata. Il pubblico non entra all'arena per godersi lo spettacolo della morte del toro. Il pubblico non va all'arena per godere delle sofferenze del toro. La morte e i castighi (traduco malamente dallo spagnolo castigos, scusatemi) sono una celebrazione, gli atti inevitabili di una funzione codificata e necessaria. E la corrida è arte perchè rende queste pratiche belle, sì belle, armoniose, plastiche, musicali, oniriche, ecc. Nella corrida c'è rispetto dell'animale, molto. Anche più che in altri rapporti che l'uomo ha costruito con altri animali. Nel prossimo post (non mi sottraggo alla discussione ma ora proprio non riuscirei per questioni di tempo) proverò ad argomentarvi perché è così. Un saluto
  5. Grazie Ela per la domanda, ma per risponderti anche solo sufficentemente ci vorrebbe un trattato di centinaia, forse migliaia di pagine. La corrida e la tauromachia sono tradizioni e pratiche tanto complesse che non è possibile anche solo ripercorrerne la storia e le giustificazioni culturali o sociali senza affrontare un lungo lavoro di documentazione, analisi e soprattutto esposizione e trattazione. Posso segnalarti qualche link dove tu stessa puoi trovare notizie: non si tratta di siti fanaticamente pro-corrida, ti avviso. Ci sono le pagine in francese e in spagnolo di Wikipedia, magari per cominciare. C'è un interessante articolo di Baricco (1 e 2), che non è certo un saggio sulla storia della corrida ma perolmeno uno sguardo laico e sincero di uno scrittore (che, per inciso, non amo quasi per niente) alla sua prima esperienza in un'arena. Purtroppo in italiano non si trova un granché. C'è un articolo tratto da Il Domenicale, lo trovi qui a questo link: la corrida è anche un grande fenomeno culturale, come poche altre attività (ludica? artistica? sportiva?...) umane ha generato un'attenzione e una produzione culturale spesso di alto livello. Per il resto, ci sono centinaia, migliaia di libri (in spagnolo e francese soprattutto), molti dei quali ti assicuro davvero degni di nota. Che trattano della storia della tauromachia o di un aspetto particolare, ma non è certo qui il caso di darti anche solo qualche riferimento bibliografico. In italiano si trovano solo un paio di libri di Hemingway ed uno di Michel Leiris, nulla più. La cultura che tu implicitamente mi inviti a far conoscere e diffondere è cultura secolare e ricca, che certo io non ho le capacità dialettiche o solo la sufficiente esperienza per pubblicizzare. E' cultura, questo almeno so, di rispetto per l'uomo e per l'animale, e per il rispetto dell'uomo verso l'animale; è cultura che sviluppa e tramanda valori profondi: coraggio, pazienza, giudizio, serietà, laicità, sfida, onestà, giustezza; è cultura che mette in scena e rispetta la vita e la morte, che esalta la prima e non nasconde e rispetta la seconda; è cultura dell'arte e del bello, soprattutto; è cultura di passione, sacrificio, amore, virtù. Il come questa cultura si declina sono le varie forme di tauromachia che nei secoli si sono sviluppate e alcune delle quali ancora resistono, la più alta, la più tragica, la più bella delle quali la corrida. L'arte che tu richiami è arte effimera, nella corrida. E' l'effetto di chi, il torero, per dominare il toro fa ricorso a figure e gesti plastici, suadenti, armoniosi. Alla ricerca del bello. Che nella corrida c'è, non sempre in realtà ed anzi non troppo spesso, ma quando è presente è un momento di comunione tra torero, pubblico e (so che non ci crederete) animale. La corrida non è riproducibile. Bello che è momento unico ed irripetibile dell'incontro tra quell'uomo e quell'animale, che non rsi ripeterà più, e che in alcuni passaggi, istanti, passi è armonia, musica, ritmo, danza, passione, eccitazione, eros. Nessun'attività umana racchiude una carica simbolica ed emotiva pari a quella delal corrida. I piani della lettura della corrida sono infiniti. Essa è tragedia, seduzione, fasto, iniziazione, riscatto, rito, comunione, passione, arte. Baricco definisce la corrida un orrore grottesco che alcuni toreri tramutano in spettacolo sublime. Per essere una persona alla sua prima esperienza in un'arena, mi sembra una definizione abbastanza riuscita. Ma non voglio qui fare l'apologia della corrida e tantomeno convincere nessuno di voi, con queste righe ho solo voluto dare una risposta (incompleta e insufficiente, per ragioni di spazio soprattutto, e me ne scuso) a Ela che me la sollecitava. Se qualcuno ritenesse che i miei interventi siano poco compatibili con il vostro forum, mi rendo conto che potrebbero sembrare così, con la stessa serenità con cui sono arrivato sarei pronto ad andarmene, proprio perché non ho nessun fine provocatorio o irriguardoso. Un saluto.
  6. Ora le sollecitazioni sono davvero tante, e vi confesso che faccio fatica a rispondere a tutte: quindi mi scuso se tralascerò qualche spunto arrivato da alcuni di voi, ma altrimenti non riuscirei a proseguire. Per Bardo: il toro bravo è stato conservato, non creato. Zarina è libera di rispondere quello che vuole ma se sbaglia è giusto sottolinearlo. La sua riconversione non sarebbe possibile perché le sue carni (pur se gustose) non sono così eccellenti da valer la pena di allevare un animale così pericoloso e difficile da gestire. Poi, ripeto: non è la categoria della parità/imparità quella attraverso cui giudicare una corrida, qui non sono necessarie come in uno sport le stesse condizioni di partenza per affrontarsi. Per Ela: non è possibile dire dove "è" il fascino della corrida, ma solo è possibile dire "per me" il fascino della corrida è in questo o in quello. E' pratica tanto particolare, complessa, che suscita emozioni tanto forti e contrastanti che non si può definire e standardizzare. Per me, dunque, il fascino della corrida risiede nell'essere una tradizione secolare che ancora oggi appassiona milioni di persone nel mondo, radicata in alcune regioni della Spagna fino ad essere parte integrante della vita e della cultura di molti; risiede nel fatto che la corrida è un fenomeno squisitamente culturale, e di una cultura alta; risiede nel fatto che la corrida non è che l'ultimo atto di un processo decennale, secolare, che ha visto generazioni di ganaderos occuparsi dei propri tori, curarne le discendenze, conservarne la bravura fino a portarne sei quel giorno all'arena; risiede nei colori degli abiti del torero e del picador, della capa e della muleta; risiede in un rituale sempre uguale, che ogni volta viene celebrato e preservato; risiede nella musica, presente all'arena, e quando toro e torero si accoppiano e la banda suona il paso doble il momento è davvero sublime; risiede nel fatto che la corrida è rispetto per l'animale, per la sua natura e spscificità, non è né macello né tortura gratuita e tantomento diminuizione della di lui dignità; risiede nel fatto che la corrida abitua alla laicità; risiede nel fatto che la corrida fa veicolo di valori veri, il rispetto per sé e per l'altro, l'onestà, l'abitudine a governarsi, il sacrificio, la solidarietà, l'impegno, il coraggio; risiede nel fatto che la corrida è, semplicemente, vera. Per Funfun: spero abbiate capito che non mi interessa né provocare né disturbare; se avete questa impressione o siete infastiditi dai miei interventi basta dirlo e, non essendo questa casa mia, come sono venuto me ne vado. Se quello della castrazione è un tema caro agli animalisti non posso che felicitarmene, e per la prima volta mi sento in sintonia con loro. Condivido con te che l'integralismo degli animalisti non sia costruttivo, ed anzi io penso che ogni forma di estremismo e integralismo (politica o religiosa ad esempio) sia poco intelligente e dannosa, e vada combattuta. Non sottovaluto l'intelligenza delle persone che stanno qua dentro, e questa invece è una tua sottovalutazione della mia, francamente poco elegante. Se in un intervento in cui parli della corrida, criticandola (legittimamente), argomenti che un giorno finalmente l'uomo finirà di ucidere solo per il gusto di farlo come lo fece anche per gli ebrei...beh, non vedo molte altre interpretazioni, oltre la mia. Ma non è queso il punto, e se questo servisse a proseguire la discussione posso, se vuoi, riconoscere di aver sbagliato. La tua domanda è pertinentissima: cos'è la corrida se non è sport, sfida, ecc.? Difficilissimo dare una definizione unitaria ed esauriente della corrida. Potrei descriverne le fasi, l'evolversi degil atti, i gesti, ma sarebbe una riduzione meccanica insufficiente; come se per descrivere la nona di Beethoven un musicista ci dicesse: c'è un re, poi un si, poi un violino suona un do. Si potrebbe dire che la corrida è una lotta, che serve a dominare il toro. Quel toro particolare ogni volta, con le sue caratteristiche fisiche e caratteriali irripetibili, la sua condotta imprevedibile. Una lota in cui l'uomo provi a mettere dell'ordine in una carica che inizialmente non è altro che un mezzo di difesa caotico. Insegnare a un toro a caricare verso la stoffa, allungare la carica del toro più guardingo, ecc. Ma la tecnica definita per sé stessa non porta a molto, e una tecnica senza uno scopo non serve a molto. E a meno che non si creda che la corrida consista nel dominare un toro solo per dominarlo, anche questa dfinizione è incompleta. Qualcuno potrebbe dire che la corrida è un gioco. La pratica tauromachica affonda le radici nei millenni, affrontare il toro è la sfida millenaria dell'uomo . Per null'altro fine che il divertimento: corrida, course camarguaise, course landaise, encierro, recortadores, ecc. Ma così sarebbe dimenticare il toro. Che non gioca e non è lì per giocare, ma semplicemente, nell'arena, vive. Fino alla morte, tragica conclusione per un gioco. La corrida è uno sport? La componente atletica c'è tutta anche se non è la principale, provare le proprie forze, affrontare il pericolo, l'exploit individuale, il sacrificio, l'allenamento, la concentrazione. Tutte cose che si trovano nella corrida e negli sport. Ma conosciamo forse uno sport in cui il vincitore è conosciuto da subito? Ha senso parlare di risultato, di record, di misura in tauromachia? Si può parlare di competizione in senso stretto per la corrida...? No, e la corrida non è uno sport. La corrida è un'arte, forse. E' la creazione di un momento d'arte, evanescente e irripetibile, attraverso la dominazione di un animale selvaggio. Arte plastica, sublime in alcuni momenti, è conoscenza e armonia. Ma è curiosa un'arte che non produce opere. Dove sono, si può ribattere, le opere create da questa arte? Perchè è attraverso quelle che si giudica una produzione artistica, non (solo) attraverso la bellezza di un gesto. Rito, liturgia? Tutto è regolato, nella corrida, ed ecco perché la conclusione è conosciuta fin dall'inizio: la morte del toro, che conferma la necessaria sconfitta del caos delle forze naturali. Tutto è normato nella corrida, come in un rito: il tempio (la plaza de toros), gli stessi costumi, le stesse fasi per condurre il combattimento, gli stessi passaggi e gesti obbligati, il sacrificio finale che si svolge nel silenzio assoluto dei partecipanti (spettatori). Ma che strana cerimonia, senza dio né trascendenza. Che strana cerimonia quella in cui i partecipanti fanno comunione applaudendo, o in cui i partecipanti pagano i loro posti. Ecco, non c'è definizione e ci sono tutte le definizioni. La corrida non è arte, sport, liturgia, gioco, lotta. O meglio non è solo arte, sport, liturgia, gioco, lotta. E' queste cose, insieme, e molte altre, forse. Ma non voglio, credetemi, fare l'apologia della tauromachia: come vi ho già detto mi piacerebbe con voi davvero discutere su cosa significhi rispettare l'animale e quindi dirvi perchè, perlomeno a mio parere, nella corrida c'è molto, molto rispetto per esso. Un saluto.
  7. Per Zarina: le reazioni di ognuno alla corrida sono diverse, in quanto reazioni sensibili, e quindi innegabili e insindacabili. Certo è che ci sono reazioni diverse ed opposte alla tua, egualmente legittime. Non è vero che non c'è reale pericolo per il torero: l'impressione può essere questa e non lo nego, ma il torero deve riuscire a indirizzare continuamente lo sguardo del toro sul panno, cosa che richiede una notevole tecnica, perchè il toro in qualsiasi momento della corrida, anche quando diminuito da pica e banderillas, è preciso e letale. E l'uomo è padrone della vita e della morte anche quando decide di castrare un gattino da appartamento, di fare degli incroci tra specie diverse, di uccidere una vipera perché pericolosa, un manzo per nutrirsi, un cavallo perché azzoppato. Per Bardo: il torero insegna ad abbassare la testa al toro con un lavoro paziente e misurato su ogni singolo toro (ogni toro ha il proprio combattimento, uno dei precetti della tauromachia), di certo in questo aiutato da picadores e banderilleros. Far abbassare la testa progressivamente è per arrivare al momento dell'uccisione con un toro pronto per una morte veloce e dignitosa, è l'attestazione di un dominio, la celebrazione della forza della ragione sull'istinto e sulla forza cieca. Sulla differenza tra sport (che prevede gareggianti che partono dalle stesse condizioni) e corrida ho già detto. Certo che senza picadores e banderilleros il torero sarebbe meno facilitato, ma non confondiamoci: picadores e banderilleros sono parte integrante e ineludibile della corrida, che si divide in tre atti ognuno dei quali ha una giustificazione e degli attori ben precisi. L'idea che la corrida sia una sfida tra toro e torero è ingannevole, perchè porta alla conclusione che sia impari: cosa che non deve né essere né non essere, ché non è questa la categoria con cui interpretarla. Poi però anche su questo si può approfondire, se ritenete sia il caso.. I banderilleros pongono un paio di banderillas sulla schiena del toro, provocando lesioni superficiali: per farlo affrontano un toro di 550 kg, armato di relative corna, lanciato in corsa, e lo fanno a cuerpo limpio, senza nessuna protezione. E' rischioso, credetemi, e quanto meno pari. Il torero si pone davanti al toro munito solo di un panno. Usa la spada solo in un momento preciso, quello dell'uccisione, che dura lo spazio di una frazione di secondo. Ma ripeto, non è quello della parita/imparità il metro attraverso cui misurare una corrida. La differenza tra toro bravo e maremmano non è solo morfologica, anzi in quello sono addirittura più simili che non nel resto. La differenza è in quel quid caratteriale che porta il toro bravo ad attaccare ciecamente, al di là della sofferenza che questo eventualmente provoca, a lanciarsi contro chi invade il proprio terreno ecc. Sulla selezione sei in errore, e lo dico senza nessun giudizio, ma solo per poter fare le dovute precisazioni. La razza del toro bravo non è stata creata, casomai conservata. E' assai diverso, lo riconoscerai. Il toro bravo ha potuto riprodursi e conservarsi solo in funzione della corrida, senza la quale sarebbe scomparso. A meno che, attraverso secoli di selezione per ammansirne il carattere, non avrebbe potuto essere ricalibrato come animale da allevamento: ma non è pure questo un decidere di una vita di un animale che autonomamente non l'avrebbe certo scelto? Si torna qui alla mia proposta iniziale di dibattito: io credo che nella corrida ci sia rispetto per l'animale, per l'animale toro bravo. Un'alta forma di rispetto, che non sempre si trova negli altri rapporti che l'uomo costruisce con altri animali. Non ho nessuna pretesa di convincervi che la tauromachia è romantica, emozionante, ecc. e non ho iniziato questa discussione per questo, nel rispetto delle idee di tutti e soprattutto del luogo in cui siamo. Vorrei solo provare a discutere con voi su cosa significhi rispettare un animale e di come questo rispetto si trovi (molto, ma è un avviso personale) nell'arena. Spero vorrete darmi atto di non avere altro che una onesta volontà di confronto, mi rendo conto che portare questo tema in un forum di animalisti possa apparire provocatorio, ma credo possiate accorgervi che l'approccio nonè quello. Saluti
  8. Per Lady D: la tradizione cui ti riferisci è la course camarguaise, pratica taruomachica incruenta che è proprio come la descrivi tu. Però vengono utilizzati, e qui ti sbagli, i tori camarghesi che non sono toros bravos. Nelle ganaderias (allevamenti) di tori bravi non si gira tanto serenamente a piedi, in mezzo agli animali, e chi va a visitarle rimane ben al riparo, o dietro a delle staccionate o su dei furgoncini. Lo stesso fanno gli allevatori, e non sono rare le morti di alcuni di essi che incautamente si erano avvicinati troppo ai tori, o che erano stati sorpresi dagli stessi a campo aperto. Il toro bravo non reagisce nell'arena per disperazione, il toro bravo nell'arena attacca perché individua all'interno di essa un suo terreno e all'interno di questo il torero che ci si va a mettere viene interpretato come un qualcosa da caricare ed espellere. Entrano nell'arena anche altri animali (cavalli e buoi) ma nessuno di questi attacca l'uomo. Il fine ultimo non è la morte stessa dell'animale, essa è la conseguenza irrinunciabile di tutto un percorso che ha delle giustificazioni non condivisibili ma innegabili. Per quanto riguarda le immagini che hai, probabilmente riuscendo a immaginare a cosa ti riferisci, mi permetto solo di segnalare che estrapolare un qualsiasi singolo atto, una qualsiasi singola conseguenza da un contesto complesso e che deve rimanere unitario per essere compreso appieno, non è molto utile e soprattutto distorce la possibilità di comprensione. Saluti
  9. Per Funfun: paragonare una corrida ad un atto xenofobo è una semplificazione pericolosa che da un lato offende chi ad essa si appassiona, dall'altro minimizza ogni (vergognoso sempre, a prescindere) episodio di razzismo. Mettere sullo stesso piano olocausto e tauromachia è molto, molto, molto sbagliato e molto, molto, molto pericoloso. Non ho ancora provato a spiegare il lato romantico della tauromachia, ne ho solo accennato: se volete posso farlo, senza problemi e volentieri. Per quanto riguarda la sfida alla pari, ripeto: la corrida non è uno sport. Non si tratta di vincere facile né tantomento di vincere, strictu sensu. Si tratta della rappresentazione della lotta tra la ragione e la forza bruta, alla quale rappresentazione gli attori aggiungono una dimensione artistica che (raramente, o perlmoeno non sempre) raggiunge livelli esteticamente altissimi. E' inutile continuare a dire che la corrida non è uno sport alla pari, non lo può deve essere per definizione. Per Dona: se Antonella è la ragazza che ha parlato di picador che recidono le arterie femorali allora mi spiace, ma è in errore, non c'è molto altro da aggiungere e non è utile continuare a dire che è così. A volte anche chi fa degli studi specialistici può incappare in qualche piccolo fraintendimento, è normale e per niente grave, ma è anche giusto sottolinearlo e riportare le cose alla loro verità. Il picador non recide nessuna arteria, punto. Non so se il toro, potendo, sceglierebbe di combattere nell'arena. Non lo sai neanche tu quindi è una discussione poco utile. Non sappiamo, né io ne té, se un gattino sceglierebbe di essere castrato, se un pappagallo sceglierebbe di vivere su un trespolo in gabbia, se una mucca sceglierebbe di vivere attaccata a delle macchine per dare il latte ai nostri bambini, se un riccio sceglierebbe di essere investito su una strada di campagna, se un bue sceglierebbe di passare una vita a trainare qualcosa, se un cavallo sceglierebbe di fare il palio in una piazza toscana, se un cagnolino di città sceglierebbe di indossare il cappottino d'inverno, se un cane sceglierebbe di mangiare il cibo in scatola che le aziende producono per lui, se una zanzara sceglierebbe di finire spiaccicata contro un muro perchè la sua puntura ci dà prurito. Qua ci sono due interrogativi da porsi, entrambi importanti:- - quali animali che vivono a contatto con l'uomo sno liberi di scegliere? - soprattutto: gli animali hanno la capacità della scelta, intesa come individuazione di una fra più opzioni, ovvero come elaborazione di differenti scenari di causa-effetto e tra quelli preferirne uno (in base a criteri specifici)? Per Vibrisse: il giochino di scegliere in quale animale reincarnarsi è divertente, anche se non aggiunge granché alla discussione. Però non mi sottraggo: reincarnarsi in un toro bravo significherebbe vivere in libertà per 4 anni, non venire sostanzialmente mai se non occasionalmente a contatto con l'uomo, trascorrere la vita in una tenuta enorme dove trovare cibo naturale e acqua, dove correre quando si vuole correre e dormire quando si vuole dormire, dove semplicemente poter vivere la propria natura più profonda, all'aria aperta, e dopo questi 4 anni combattere venti minuti, combattere che è quello che differenzia il toro da molti (tutti?) gli altri animali, e morire in modo dignitoso e rapido. O altrimenti mi piacerebbe reincarnarmi in un verro, ma quella è un'altra storia. Un saluto.
  10. Premetto che ringrazio tutti per la civiltà delle risposte, fatto che non è scontato quando si parte da convinzioni così distanti. Proseguo in questo che è, per me, un dialogo davvero interessante portandovi ancora qualcuna delle mie idee. Per Gattaparty e Fabia: le motivazioni che portate alla castrazione dei gatti sono, a mio parere, quantomeno deboli. Li si castra per ridurre la possibilità di tumori? Non pensavo: credevo li si castrasse per impedire loro di riprodursi o per evitare i periodi di calore (a volte ingestibili, nei condomini). E comuque, perchè allora non castrare tanti altri milioni di animali, cani, cavalli, tori, aquile, serpenti, rospi, ecc.? Li si castra per sollevarli da uno stress, si dice: ma francamente non capisco. E' comunque l'uomo a decidere che il proprio gatto sia castrato, non sia più fertile, giusto? E questa non è violenza? Non è interferenza irrimediabile nella vita e nella natura di un animale? Personalmente, vi prego di credermi, trovo molto più barbarie nella castrazione del gattino da condominio, perchè on calore o gravido ci creerebbe dei problemi, che non in una corrida di tori. Per Fabia: il torero viene soccorso e per fortuna, da altri uomini. Tra il mio cane cui sono affezionatissimo e un bambino che non conosco io sceglierò sempre il secondo, se mai dovessi trovarmi nella condizione di farlo. La lotta non è alla pari? Per alcuni aspetti è discutibile come affermazione, lo testimoniano i molti toreri morti (soprattutto negli anni passati, quando la medicina non aveva fatto ancora i suoi progressi) o i moltissimi, ancora oggi, feriti, mutilati. Per altri aspetti è invece condivisibile, ma perchè certamente la corrida non può essere alla pari. La corrida non è uno sport, in cui due gareggianti devono partire dalle stesse condizioni per dimostrare la propria forza. La corrida è una rappresentazione della vittoria della ragione sulla forza bruta, dell'uomo sull'animale selvaggio. Ma attenzione, tutta la corrida ha un senso ed uno svolgimento, ché altrimenti sarebbe sufficiente prendere a cannonate le mandrie di tori e l'avremmo risolta così. Per Bardo: indebolire il toro nel morillo e quindi nel collo permette al torero di fare il suo lavoro. Che è quello di insegnare, accompagnare, costringere il toro ad abbassare progressivamente la testa. Cosa che permette, infine, al torero di uccidere il toro, e permette di farlo in modo veloce e dignitoso, rispettoso. Il toro bravo, permettimi di dirti che ti sbagli profondamente, differisce invece molto da quello maremmano o chianino. Gatto e tigre sono felini, ma sinceramente non avrei dubbi su chi preferirei trovarmi di fronte. Il toro bravo attacca qualsiasi cosa si trovi in quello che lui ha deciso essere il suo terreno, il maremmano no. Il toro bravo è selvaggio, il maremmano no. Il toro bravo è capace di attaccare fino alla morte, a costo di sacrificarsi, il maremmano no. Per questo la corrida ha senso solo con il toro bravo, e con nessun altra specie. Toro bravo che peraltro, scomparsa la corrida, si estinguerebbe da lì a pochi anni. Sul fatto degli incroci credo che tu abbia invece un pò di confusione, non è così che avviene la selezione. Non sono io il primo a definire la corrida una liturgia, e però avendola conosciuta riconsco che sia una definizione che può adattarsi ad una sua descrizione. Per Misiaaa: non sostengo che l'uomo rispetta il toro perchè, o solo perchè, lo uccide quando decide lui. Dico che la corrida, che è l'atto finale di un percorso di cultura, tradizione, di anni di cura e allevamento, di controlli per l'integrità dell'animale, ecc., che è un percorso in cui il rispetto del toro è al centro di tutto. Certo, nella corrida c'è l'uccisione, ed anche questa è una forma di rispetto. Sarebbe barbaro e vigliacco "giocare" con il toro un quarto d'ora, ferirlo, e poi lasciarlo andare. Sarebbe un oggetto. Nella corrida è invece il protagonista, lo è fino al parossismo, fino al sacrificio finale, ma è il protagonista, sacro, e tutto ruota intorno ad esso. Detto questo, io certamente non voglio convincere nessuno. La corrida ha alcuni innegabili aspetti di violenza, ci sono sangue e ferite, fino alla morte. Legittimo il pensiero di chi trova in essa elementi di interesse, romantici, culturali, artistici, legittimo il pensiero di chi la trova inaccettabile, violenta, crudele. Ma ho voluto lanciare questo tema per confrontarmi con voi sul fatto che la corrida, che sembri paradossale o no, e più in generale la tauromachia hanno un portato di rispetto verso l'animale di gran lunga superiore alle abitudini che ha generalmente l'uomo nei confronti degli animali. Vi ringrazio di nuovo per la pacatezza delle vostre risposte mi auguro di poter proseguire questo bel dibattito un saluto
  11. A mio modo di vedere lo stesso scopo che c'è nel vedere un toro morire per mano di un uomo...... Se tutto ciò significa uccidere un animale continuo a non capire..... Quello dell'uccisione è solo un aspetto della corrida, fermarsi ad esso significa non riuscire a comprenderla o conoscerla nella sua totalità e complessità. La corrida ha davvero un portato di rispetto per l'animale (in questo caso il toro bravo) che altre attività umane che contemplano un rapporto uomo/animale non hanno. E' più rispettoso uccidere un toro bravo nell'arena, dopo averlo combattuto per venti minuti e cioè aver accettato e valorizzato la sua natura, o castrare un gattino da condominio perchè così non faccia figli o vada in calore? Un saluto
  12. Non mi pronuncio più di tanto perchè non ho mai visto una corrida e non ci tengo proprio visto che trovo sbagliato uccidere qualsiasi tipo di animale soprattutto per intrattenimento... Assolutamente legittimo e da rispettare: solo, mi permetto di segnalare che la corrida non è, o perlomeno non è solo, intrattenimento. E' molto altro: cultura, sacrificio, liturgia, sfida, valori, rappresentazione, e molto altro. mi spiace ma proprio non ci arrivo.... potrei alle brutte tollerare una lotta alla pari, a mani nude... e magari ci andrei pure a vederla una corrida di questo genere.... Sarebbe piuttosto privo di senso e interesse, a mio avviso, vedere un uomo affrontare un toro a mani nude. Quale sarebbe lo scopo? Accertare che un toro è più forte, selvaggio e letale di un uomo? Ratificare che la forza cieca del toro bravo supera quella, pur ragionata, dell'uomo? Vedere morire degli uomini?
  13. secondo te è rispettoso per il toro far decidere all'uomo quando morire? potrei risponderti facendo un elenco, lungo credo, di tutti quegli animali per cui è l'uomo che decide quando essi debbano morire. o fare l'elenco di quegli animali per cui è l'uomo, e questo mi sembra davvero incredibile, a decidere SE e QUANDO debbano nascere. o COME nascere, basti pensare a tutti gli incroci che l'uomo ha creato. non è possibile che quando il toro combatte anche attaccando il primo cavallo che vede nella vita non è perchè è nella sua indole ma perchè frastornato dalla situazione in cui si trova? qui credo che ti sbagli, e mi permetto di dirtelo. non è l'essere frastornato a spingere il toro ad attaccare, ma è la sua bravura, la sua natura di animale da combattimento. ci sono tori che si ammazzano tra di loro in aperta campagna, al riparo da qualsiasi agente disturbatore. i vitellini del toro bravo, già a poche settimane di vita, hanno l'istinto di attaccare (anche esseri - uomo, cavallo - o cose molto più grandi di loro) se vedono in quello che reputano il loro terreno un qualcuno o un qualcosa, la cui presenza li disturba, non accettano, che vedono come sfida o pericolo o semplicemente come qualcosa da buttar fuori, eliminare. la presenza del cavallo nei venti minuti della corrida è proprio la prova della bravura del toro. e la corrida non è altro che questo, la messa in valore, l'esaltazione, e la sfida ad essa, della bravura del toro.
  14. un tempo, quando non c'erano camion e autostrade, i tori venivano portati all'arena direttamente dall'allevamento, guidati dai buoi e dai cavalieri. oggi lo spostamento si fa invece appunto su dei camion, che portano i tori nella città in cui verranno combattuti: qui vengono tenuti in appositi recinti fino al giorno della corrida, e alla plaza de toros saranno trasportati ancora con dei mezzi appropriati. in alcune città però ancora oggi (pamplona, per esempio) si usa ripercorrere quella tradizione facendo spostare i tori dai recinti (corrales, in spagnolo) all'arena a piedi. è il famoso encierro, a pamplona migliaia di persone "accompagnano" i tori, rischiando anche molto, come sfida a sé e alla forza bruta dell'animale. tendenzialmente i turisti americani si fanno incornare, ma questa è un'altra storia. sono però davvero poche ormai le città e i paesi che adottano questa pratica. la tradizione resiste ancora appunto in spagna e in alcune città del sud francese, dove con l'abrivado sui boulevard si vuole rivivere la tradizione di un tempo (ma in questo caso non vengono fatti correre i tori della corrida del pomeriggio). spero di averti risposto con sufficiente chiarezza. un saluto
  15. Non credi che il vero rispetto verso un animale sia quello di accettare e rispettare, se non valorizzare, la sua natura più profonda? Non credi che costruire un rapporto coerente tra l'uomo e le altre specie animali sia la strada di maggior buon senso e pure di etica? Non possiamo avere lo stesso rapporto con la zanzara e il cane da compagnia, con la pecora e la trota, con la giraffa e il toro, con la gallina e il pitbull. Ma con ognuno di questi animali occorre stabilire una forma di rapporto che tenga conto della specificità dell'uomo e del singolo animale. Un saluto
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